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Gilad Shalit: Il Dilemma del Riscatto

Rav Shlomo Bechor, Sara Parenzo

in queste ultime settimane il popolo ebraico e i suoi sostenitori seguono con il fiato sospeso gli sviluppi delle trattative per la liberazione del giovane caporale dell'esercito israeliano, Ghilad Shalit.

Se da un lato l’opinione pubblica sogna solo di assistere al ritorno di Ghilad vivo, anche per riscattare il sentimento di delusione e amarezza collegato alla scomparsa di Ron Arad, il pilota catturato nel 1986 dalla milizia sciita Amal durante una missione in Libano, dall’altro si dibatte a causa delle drammatiche condizioni poste da Hamas che, qualora assecondate, mettono seriamente a repentaglio l’incolumità dell’intera nazione.

In realtà varie strade, anche ambigue e poco pulite, erano state battute anche per Ron Arad all’insegna del compromesso, pur di riavere l’ostaggio o almeno le sue spoglie, ma sempre senza successo.

Quello del governo, del resto, è un ruolo delicato e complesso. Molto spesso accusato di ipocrisia e collaborazionismo con l’autorità militare, solo ai fini di miti e propaganda, esso si trova ad operare scelte estremamente discutibili anche sul piano etico e religioso. Per non perdere il consenso dell’opinione pubblica, buona parte della quale è ad esempio persuasa che Ron Arad sia vivo e che ancora dopo 23 anni possa essere liberato tramite uno scambio di prigionieri, il governo intavola lunghissime trattative con il nemico, come ha fatto appunto nei giorni scorsi con Hamas per liberare Shalit.

Tali trattative, volte anche a tenere alto il morale dei propri soldati, sono tuttavia inique nel senso lapalissiano del termine, poiché rilasciare centinaia di prigionieri potenziali assassini o attentatori kamikaze in cambio di un solo soldato o, peggio ancora, di una salma, è oggettivamente un prezzo molto alto da pagare solo per l’onore della nazione. Inoltre, trattandosi di un rischio, come quello degli attentati, che ricade su una nazione intera, il dilemma è quanto mai lacerante e costituisce un tema molto dibattuto anche in seno alle autorità rabbiniche che si trovano costrette a mediare tra l’obbligo di dare sepoltura ai morti e le limitazioni al precetto di riscattare i prigionieri (Pidiòn Shvuìm, Mishnà, Massèkhet Ghittìn 4,6) sulla scia del principio generale del divieto di mettere in pericolo una vita per salvarne un’altra.

Pubblicato venerdì 4 dicembre 2009 alle 06:16:35

 
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