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Creare uno Shofar: Tradizione e fede tra le mani dei bambini

Rosh Hashanà, ossia il primo giorno del settimo mese di Tishrì, viene descritto come “Zikròn Teruah” ossia “Ricordo del suono”. In Levitico 23, infatti, si legge “ ..Il settimo mese , il primo giorno del mese, sarà …. Una proclamazione fatta a suon di tromba”. Per questo motivo, un suono simile quasi a un lamento, a un singhiozzo irrompe tra le pareti di ogni Tempio e nel cuore di ogni ebreo.

 E’ il pianto intimo di ogni credente che per Rosh Hashanà e per Yom Kippùr apre il proprio animo al suo Creatore in tutta umiltà per celebrarlo ma, soprattutto, per invocare il Suo perdono e la Sua misericordia, e anche per  confermare la sua fiducia in Lui, Re e Giudice, così come a suo tempo aveva fatto Avrahàm.

Proprio per rendere questa antichissima Mitzvah viva e vicina ai fedeli che si apprestano ad ascoltare lo shofàr durante tutta la festa di Rosh Hashanà Chabad Giovani di Roma  ha promosso un’originale iniziativa: rendere questo antichissimo strumento alla portata  di tutti e non solo del Ba’al Tokeia, colui, cioè, che ha il compito di  suonarlo, rispettando la sequenza dei 30 suoni che danno vita alla cosiddetta Tekiah Gedolah.

Chabad ha  promosso e organizzato una vera e propria “fabbrica dello shofàr” presso la scuola materna “Gan Chaya” e la domenica successiva aperta a tutti, dove i genitori con i loro bambini hanno potuto assistere alla dimostrazione di come nasce questo antichissimo strumento, realizzato con un corno di ariete kashèr, grazie all'aiuto della morà Graziella Zarfati e dei genitori Mayer Bendaud, David Mantin ed altri.

Il procedimento si è mostrato abbastanza semplice anche se di una estrema precisione.  Dopo aver misurato la cartilagine e individuata la sua conclusione, al corno viene tagliata la punta e subito dopo viene  praticato un  buco con il trapano. Una buona levigatura con la cartavetrata, una verniciata  e lo shofàr è pronto.

L’entusiasmo è stato immenso, specialmente quando i partecipanti sono riusciti a creare un proprio shofàr che, in seguito, i bambini raggianti si sono potuti portare a casa. Questo genere di iniziativa, che si propone di far rivivere fede e tradizione  in una riscoperta delle proprie antiche radici basate sulla conoscenza della Torah, anche attraverso l’esperienza diretta, come in questo caso, non è la prima.

Ricordiamo anche la visita a un frantoio per l’olio d’oliva  per Chanukkà e quella fatta al panificio della Matzòt per Péssakh.  “Crediamo sia importante far rivivere queste esperienze proprio per dare un senso concreto alla nostra tradizione. Il pane, l’olio e lo shofàr rappresentano simboli precisi della nostra storia di popolo sia dal punto di vista spirituale che storico. Per questo vogliamo che la gente ne capisca il significato con esperienze vive e dirette, che possano riuscire a semplificare e a vivere più profondamente le feste religiose”, ha affermato Rav Menachem Lazar, entusiasta per la riuscita  di questo esperimento che ha coinvolto tante famiglie, felici di aver avuto la possibilità di essere protagonisti di questo genere di iniziativa.

Pubblicato martedì 27 settembre 2011 alle 19:54:14








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