Basato sugli insegnamenti del Rebbe di Lubavitch

Se intendeste concentrare tutta la saggezza del mondo in un unico documento che sia abbastanza compatto da essere ricopiabile a mano, trasportato facilmente e trasmesso da generazione in generazione per millenni, come procedereste? Nel modo seguente: scegliereste i termini con grande minuzia, strutturereste le frasi in modo da proporre diverse letture, ognuna recante insegnamenti propri; usereste metafore per raccontare storie all'interno di altre storie, una regola che ne contenesse un'altra, un'idea che ne suggerirebbe un'altra; attribuendo un valore numerico ad ogni lettera ne rendereste alcune intercambiabili e ogni parola del manoscritto sarebbe un codice, o una serie di codici, che possa veicolare altri messaggi; potreste inserire allusioni tramite la forma grafica delle stesse lettere con particolari ornamenti calligrafici, con forme e spazi tra le stesse, tra le righe, fra i paragrafi; infine, usereste il contesto e la giustapposizione per trasmettere ancora più messaggi.

Ed è ciò che fa la Torà nella parashàt Vayakhel inserendo il comando sull'osservanza dello shabbàt in mezzo alle istruzioni relative alla costruzione del Mishkàn (Santuario portatile del deserto). Le regole inerenti allo shabbat occupano centinaia di pagine nel Talmùd e decine di migliaia di pagine dei codici legali. Tuttavia, nel libro Shemòt (Esodo) esse sono condensate in poche e brevi frasi. Così facendo, la Torà stabilisce esplicitamente il nesso tra lo shabbàt e il Mishkàn.

Melachà – opera

"Durante sette giorni il lavoro sarà fatto, ma il settimo giorno sarà santo per voi, uno shabbàt (giorno di riposo) di shabbatòt in onore del Sig-re. (Esodo, 35:2)" Il termine usato è "melachà" che significa in realtà "lavoro creativo". Su quali elementi si basa il Talmùd per stilare la lista delle 39 azioni vietate? Esaminando le 39 operazioni effettuate per la costruzione del Mishkàn. Sovrapponendo le leggi riguardo allo shabbàt a quelle del Santuario, la Torà definisce che le occupazioni proscritte durante il sabato sono le stesse che hanno permesso l'edificazione del Santuario. Ma i maestri del chassidismo aggiungono un terzo parametro a questa equazione. Il Midràsh enfatizza il fatto che quando la Torà comanda che "durante sei giorni tutto il lavoro sarà compiuto ma il settimo sarà un giorno santo per voi", non si accontenta di ingiungere di cessare il lavoro a shabbàt, ma anche che il lavoro va eseguito in quei sei giorni. Pertanto, l'essere operativi durante la settimana è in sé un ordine allo stesso titolo della cessazione di ogni attività produttiva a shabbàt. La Torà, riportando tanto minuziosamente la storia del Mishkàn, ci offre tre insegnamenti: 1) i dettagli del Santuario che i figli di Israele costruirono nel deserto; 2) la definizione dei lavori vietati di sabato; 3) una definizione della vita, ponendo una domanda esistenziale essenziale: perché siamo in questo mondo? Qual è la nostra missione? In quale opera creativa il Sig.re desidera che ci impegniamo nel corso dei sei giorni della settimana?

Una Dimora per D-o

La risposta sta nell'installazione del Mishkàn, ovvero nel fare della nostra vita un luogo sacro, "una Residenza per il Sig-re". Come? Tutto il segreto è contenuto in questi due ultimi capitoli del libro dell'Esodo, mediante l'indicazione precisa dei materiali e delle fasi dell'edificazione del Santuario. A shabbàt, tuttavia, interrompiamo quest'opera. Subentra una domanda essenziale: lo shabbàt potrebbe appartenere ad uno spazio estemporaneo? In un certo senso sì e nonostante ciò, ne è altresì parte integrante. Come un'artista che prende una pausa per osservare la sua opera da lontano, con distacco, per averne una visione globale e non perdersi nei dettagli. E quando si tratta di rendere la vita terrena "una residenza per D-o" è indispensabile creare un intermezzo spirituale ogni settimana per non perdersi la visione d'insieme dell'interazione con la materialità in base alla quale stabiliamo questa abitazione. Ciò spiega l'espressione usata dal Talmùd "quaranta lavori meno uno" invece di dire "trentanove lavori", essendo il quarantesimo il "servizio del Cielo" eseguito a shabbàt. Il quarantesimo ha bisogno degli altri trentanove, in quanto esso consiste nello sottrarsi dalla creazione del Mishkàn e sublimarla. Shabbat è una componente essenziale della nostra missione di creare una casa per Hashèm nelle nostre vite materiali.