Mitzvà del giorno: il divieto di testimoniare il falso
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Ogni giorno approfondiamo una mitzvà dal Sefer HaMitzvot di Maimonide (Rambam), seguendo il ciclo di studio quotidiano. La mitzvà di oggi è una mitzvà negativa: il divieto di testimoniare il falso.
Questo comandamento è il nono dei Dieci Comandamenti dati sul monte Sinai e, come gli altri, potrebbe sembrare un principio ovvio, quasi superfluo, una base della morale umana che non avrebbe bisogno di essere sancita dalla legge divina. Tuttavia, approfondendo il tema, emergono due motivi fondamentali per cui questo comandamento si trova tra i pilastri della civiltà.
Il primo motivo è generale e riguarda tutti i Dieci Comandamenti: la corruzione umana e la nostra naturale inclinazione a seguire emozioni, sentimenti o pregiudizi. Spesso, infatti, una persona può essere portata a omettere dettagli di una testimonianza o a favorire una delle parti in causa, perché è difficile restare completamente neutrali e oggettivi.
Il secondo motivo è più profondo: la testimonianza e la giustizia non sono semplici atti umani, ma manifestazioni della volontà divina. Nessun giudice può mai avere la certezza assoluta nel determinare la colpevolezza di qualcuno, nel distinguere un atto compiuto per errore da uno commesso con intenzione malvagia, o nel decidere la giusta punizione. Il giudice, in realtà, è un emissario della legge divina, chiamato a garantire che il mondo si avvicini alla giustizia di D-o. Gli esseri umani sono partner in questo processo, chiamati a collaborare per mantenere l’equilibrio nella creazione.
Anche il testimone ha un ruolo altrettanto essenziale: è l’unico strumento attraverso cui il giudice può ricostruire i fatti e portare alla luce ciò che le persone coinvolte avrebbero voluto tenere nascosto. La testimonianza stessa è un atto divino, perché D-o vede e conosce ogni cosa. L’illusione di poter nascondere le proprie azioni è, in fondo, una negazione della presenza divina che tutto osserva e tutto ascolta. Il testimone, quindi, è in un certo senso un'estensione della presenza divina, gli occhi e le orecchie di D-o che trasmettono la verità al giudice. Quest’ultimo, a sua volta, rappresenta il braccio della giustizia divina, colui che deve analizzare le informazioni ricevute e giungere a una sentenza equa.
Testimoni e giudici sono dunque gli strumenti attraverso cui l’equilibrio e la giustizia divina si manifestano nel mondo. È per questo che il loro operato deve essere improntato alla massima verità e oggettività, senza lasciarsi influenzare da pregiudizi o corruzione. I khakhamim (maestri) insegnano che la giustizia, quando viene applicata correttamente, è una dichiarazione della presenza divina e dell’armonia universale, fondata sull’unità di Hashem.
📺 Guarda il video su YouTube: The Italian Rambam Project - Episodio 327