Parashat Bo e l’educazione: la missione di trasmettere la tradizione
La Parashà di Bo, la quindicesima della Torah, non è casualmente legata al numero 15, che corrisponde alle prime due lettere del Nome Divino, Yud-Kei. Questo stesso numero ritorna nei quindici passaggi del Seder di Pesach, la festa che celebra l'uscita dall'Egitto e il sacrificio pasquale, comandato proprio in questa Parashà. Oggi, in un'epoca di guerra non solo fisica ma anche ideologica, il tema dell’educazione emerge come centrale.
Parò comprese l'importanza dell'educazione e tentò di dominarla: il suo decreto di gettare i bambini nel Nilo non significava solo eliminarli fisicamente, ma immergerli nella cultura egizia, nella visione materialista che idolatrava il Nilo come fonte di ricchezza. Anche le bambine dovevano essere cresciute secondo gli standard egizi, subendo un vero e proprio lavaggio del cervello. Questo schema si è ripetuto nella storia, dal comunismo alle ideologie moderne che mirano a sradicare la fede e i valori ebraici. Tuttavia, la storia dimostra che questi tentativi falliscono: Mosè, anziché perdersi nel Nilo, fu salvato proprio dalla figlia di Parò, ribaltando il piano del faraone.
La figlia del Faraone e Moshe
La figlia del Faraone, in quel giorno, scese nel Nilo niente meno che per purificarsi. Il Talmud insegna che in quel momento si stava convertendo per diventare ebrea. In quel giorno divenne ebrea, e fu proprio in quel giorno che vide Moshe, lo salvò, lo portò a casa sua, gli salvò la vita. Lo affidò a una madre ebrea per allattarlo, che era la sua stessa madre, e poi lo educò nel palazzo reale, proprio sotto il naso del Faraone, che voleva cancellare ogni traccia della fede d'Israele. Eppure, fu sua figlia a crescere Moshe Rabbenu secondo i valori spirituali della Torà.
Moshe sarebbe diventato il maestro del popolo ebraico, il più grande tra i profeti, colui che avrebbe trasmesso la Torà al mondo. E proprio lui fu allevato e formato sotto gli occhi del Faraone, nella sua stessa casa.
La piaga delle cavallette e la trasmissione della fede
Nella parashà di questa settimana, leggiamo della piaga delle cavallette. La Torà dice: "Affinché tu racconti ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli quello che ho fatto agli Egiziani". Perché proprio in questa piaga viene sottolineata l'importanza della trasmissione?
Il termine "arbe" (cavallette) ha le stesse lettere di "arbe" (moltiplicherò), lo stesso verbo usato da D-o quando promise ad Avraham: "Moltiplicherò la tua discendenza come la sabbia della terra". Le cavallette rappresentano quindi il popolo d'Israele che si moltiplica. E proprio in questa piaga, Moshe Rabbenu trasmette un messaggio chiaro al Faraone: "Tu credi di poter prendere i miei figli, di poterli rieducare secondo la tua cultura, di potergli lavare il cervello? Sappi che non ci riuscirai!".
Inoltre, il valore numerico della parola "arbe" è 208. Il padre del Rebbe, R. Levi Yitzchak Schneerson, spiega che questo numero rappresenta i quattro figli del Seder di Pesach. La parola "ben" (figlio) ha un valore numerico di 52 e, poiché al Seder di Pesach ci sono quattro figli, il loro valore complessivo è 208, lo stesso della parola "arbe" (cavallette). Questo legame evidenzia che proprio nell’ottava piaga viene sottolineata l'importanza dell'educazione di tutti i tipi di bambini. Inoltre, l'ottava piaga simboleggia la moltiplicazione delle future generazioni e la loro educazione, trasmettendo loro il ricordo dei miracoli compiuti in Egitto per salvarli dall’indottrinamento pagano e reintrodurli ai sani principi dell’ebraismo.
Il Faraone voleva soffocare la crescita spirituale del popolo ebraico, ma proprio qui D-o gli dimostra il contrario. L'educazione ebraica non solo non verrà cancellata, ma sarà tramandata di generazione in generazione.
L’educazione e i quattro figli del Seder
Pesach è la festa dell'educazione per eccellenza. Non esiste altra festività in cui si insista tanto sull'importanza di trasmettere la tradizione ai figli. Il Faraone voleva strappare i bambini dalla loro identità, ma noi ci assicuriamo che siano proprio loro a ricevere la verità, a portarla avanti.
R. Levi Yitzchak Schneerson sottolinea che l'educazione deve essere personalizzata. Non si può insegnare a tutti i figli nello stesso modo: ognuno ha la sua personalità e ha bisogno di un approccio specifico. La Torà stessa insegna che il messaggio di Pesach viene trasmesso in quattro modi diversi, perché ci sono quattro tipi di figli, e ognuno deve ricevere il messaggio nella lingua a lui più adatta.
E poi c'è il quinto figlio. Il figlio che non è nemmeno presente al Seder. È talmente lontano da non partecipare. Per questo molte famiglie di sopravvissuti alla Shoah mettono una sedia vuota al Seder, per ricordare coloro che non ci sono più. Oggi, per lo stesso motivo, molte famiglie mettono una sedia per i rapiti, per coloro che non possono essere con noi.
Ma non dobbiamo accettare che il quinto figlio resti tale. Abbiamo il dovere di riportarlo dentro, di reintegrarlo, di farlo tornare a essere parte del popolo ebraico. Mentre il Faraone voleva allontanare questi figli, noi abbiamo la missione di riavvicinarli. Questo è il vero messaggio di Pesach: non solo ricordare l'Esodo, ma assicurarci che ogni figlio, anche quello più lontano, trovi la sua strada per tornare a casa.